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Rinnovabili: agrivoltaico, la nuova frontiera contro il paesaggio?

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Tordela (Turdus viscivorus) – Foto SEO Bird Life – Spagna –

La nuova frontiera della produzione di energia dal sole non appare affatto sostenibile. L’abbinamento di impianti fotovoltaici industriali con colture super intensive determina impatti paesaggistici ed ambientali rilevanti.

Il caso di un impianto proposto in provincia di Brindisi: un investimento da 31 milioni di Euro.

È la nuova frontiera, almeno in Puglia, della produzione di energia dal sole. Si chiama agri-fotovoltaico oppure, con una crasi, agrivoltaico. Solo nell’anno che sta per finire, buona parte dei progetti industriali di produzione energetica da fonti rinnovabili prevede questa formula. Una modalità di produzione di reddito ulteriore per gli agricoltori che cedono i propri terreni per l’installazione di pannelli fotovoltaici cui abbinano, tra le file di cosiddetti “inseguitori” o “girasole”, colture arboree. Filari di ulivi condotti con metodo super intensivo.

Il progetto della multinazionale inglese

Ricaviamo le informazioni da un progetto presentato in provincia di Brindisi, in agro di Latiano, da una società di un’importante multinazionale britannica quotata alla Borsa di Londra e con un fatturato annuo di oltre 11 milioni di dollari. Il progetto prevede la produzione di 55 megawatt occupando 94 ettari complessivi di cui 27 ettari di pannelli fotovoltaici montati su supporti ad inseguimento solare le cui file distano 11 metri l’una dall’altra. I suoli sono agricoli anche dal punto di vista urbanistico. È previsto l’impianto di 55 ettari di uliveti super intensivi con più di 38.000 piante oltre ad una fascia perimetrale di larghezza pari a 5 metri composta da 2.500 nuove piante di ulivo di 4 metri di altezza per una lunghezza complessiva di 10 chilometri. Il costo totale dell’investimento è di oltre 31 milioni di Euro. L’uliveto super intensivo prevede la disposizione di piante in filari tra le file dei pannelli ad inseguimento.

Schema di impianto agri fotovoltaico

La distanza tra le piante è di 2,2 metri e l’altezza massima di 2,5 metri. L’intensità è di 700 piante per ettaro della superficie agricola utilizzata. La varietà di ulivo utilizzata in questo caso è la cultivar “Favolosa” FS-17, tollerante alla Xylella fastidiosa. In altri casi si utilizzano varietà alloctone come la spagnola Arbequina.

Uliveto super intensivo: non è tutto oro

Ma che cosa comporta un impianto super intensivo di ulivi? La maggiore competizione tra le piante, data dalla loro estrema vicinanza, determina maggiori consumi irrigui, di fertilizzanti e di prodotti fitosanitari (almeno il 20% in più rispetto ad un impianto semi intensivo o intensivo) con una concentrazione d’uso di questi ultimi in poco spazio. La vita media di un impianto super intensivo è notevolmente più bassa ed il reddito medio ricavabile per ettaro/ all’anno è solo apparentemente maggiore; in realtà va considerato il costo di impianto di circa 13.000 Euro/ettaro ed il fatto che, dal quindicesimo anno, la produttività del super intensivo comincia drasticamente a decrescere a causa del precoce invecchiamento delle piante. Inoltre, il valore commerciale di un chilo di olio da super intensivo è più basso di almeno il 30% rispetto a quello ricavato da semi intensivo o intensivo né, utilizzando varietà alloctone, sarebbe possibile ottenere marchi di tutela. L’impatto paesaggistico dell’impianto fotovoltaico industriale, poi, in alcun modo è ridotto dalla presenza di una coltivazione di questo tipo. Anzi, al detrattore fotovoltaico si aggiunge una modificazione sostanzialmente perdurante del paesaggio rurale già fortemente compromesso dalla Xylella. E c’è chi intravvede seri rischi per le aree ulivetate salentine colpite dal batterio che potrebbero essere obiettivi di conquista dell’agrivoltaico.

L’impatto sui piccoli uccelli migratori

Raccolta meccanizzata notturna in uliveto super intensivo in Spagna
(foto BirdLife International Europe)

Vi è, infine, un possibile impatto degli uliveti super intensivi sulle popolazioni di piccoli uccelli migratori che albergano negli uliveti. La raccolta totalmente meccanizzata e notturna ha avuto un impatto drammatico (con una mortalità osservata compresa tra 30 e 100 uccelli per ettaro) su molte specie di silvidi, di turdidi e di fringillidi in Spagna e Portogallo dove questo tipo di coltivazione è alquanto sviluppato. Lì, ora grazie all’impegno di BirdLife International, la raccolta notturna è stata vietata ma nel progetto proposto dalla multinazionale inglese a Latiano non c’è alcun riferimento a questo parametro di impatto ambientale. Insomma, è come se la tanto proclamata sostenibilità ambientale del fotovoltaico industriale crollasse ancora una volta ed inesorabilmente quando a questi impianti si uniscono forme di agricoltura super esigenti in termini di consumo di risorse naturali e di utilizzazione di prodotti chimici rendendo, in definitiva, pessima qualità e scarsa remunerazione.  

Fabio Modesti

Questo articolo ha 6 commenti

  1. Ferruccio Petazzi

    Purtroppo il numero di ignoranti che non vedono oltre il proprio naso è in crescita esponenziale.
    La approssimazione e l’ignoranza mascherano la morte dell’intelligenza e della necessaria cultura specifica dietro la parola d’ordine della sostenibilità, sempre più vuota al crescere degli investimenti operati ovviamente non in vista del benessere ma solo di guadagno immediato a scapito della qualità della vita

    1. Fabio Modesti

      Come hai ragione, Ferruccio… Grazie.

  2. Fulco Pratesi

    Caro Fabio,
    grazie per la tua utile e circostanziata denuncia.
    Però, per quanto riguarda le specie che sarebbero danneggiate dall’improvvida operazione di colture industriali, non hai citato (riprendendo le ricerche spagnole) oltre ai silvidi, turdidi e fringillidi, gli sturnidi.
    Gli storni, infatti, odiati dagli olivicoltori, sono stati assolti dalle accuse di divorare le olive da un forestale pugliese, Raffaele Congedo, che ha dimostrato, nel suo libro “Là dove fiorisce l’ulivo” , che in realtà essi sono gli amici degli ulivi, come anch’io ho potuto constare in tanti anni di osservazione dei miei ulivi in quanto distrggono larve e pupe della mosca olearia..

    1. Fabio Modesti

      Grazie, Fulco, per il tuo intervento prezioso ed autorevole. Hai ragione ho omesso i turdidi nei confronti dei quali vi è un accanimento per la riduzione delle loro popolazioni, soprattutto in Puglia, veramente indefinibile. Peraltro, ogni volta che la Regione Puglia stabilisce caccia in deroga alla specie, viene bacchettata dalla Corte Costituzionale oppure dalla Corte di Giustizia UE.

  3. Nicola Amenduni

    Una idea nata buona “energie rinnovabili” la si trasforma in cavallo di Troia per il “vil denaro”. Ormai la parola “sostenibile” è diventata marchio di qualità per prodotti marci.

    1. Fabio Modesti

      Le rinnovabili sono diventate terreno di conquista dei grandi gruppi internazionali e dei fondi di investimento esclusivamente per speculazioni finanziarie che nulla hanno a che vedere con la riduzione di Co2 in atmosfera. E questo è stato possibile per un intervento sfrenato dello Stato nel mercato, drogando di finanziamenti gli impianti. Se si lasciasse il mercato agire senza droga, non so quanta “passione verde” avremmo anche da parte di molte associazioni “ambientaliste” che oggi si comportano per le rinnovabili come le sette sorelle si sono comportate per il petrolio, oppure i nuclearisti per le centrali nucleari.

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