Il Consiglio di Stato annulla una deliberazione del Consiglio dei Ministri che aveva negato la compatibilità ambientale ad un impianto eolico in territorio di Brindisi. Alla base della sentenza la disparità di valutazione di casi analoghi sempre in Puglia. Il Pptr utilizzato di volta in volta strumentalmente
Impianto eolico nei pressi del Parco Nazionale della Majella – foto ©Fabio Modesti
di Fabio Modesti
Il 21 maggio del 2020 il governo giallo-rosso Conte 2 ha deliberato il “giudizio negativo di compatibilità ambientale” sul progetto
della società Tozzi Green s.p.a. per realizzare nel territorio del Comune di Brindisi un parco eolico (“Brindisi Santa Teresa”) da 34,5 MW di potenza. Una decisione (di cui ci siamo già occupati qui) assunta su proposta del Ministro ai Beni culturali dopo che la Commissione Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del Ministero dell’Ambiente aveva invece espresso parere favorevole. Parere contrario all’impianto era stato espresso anche dalla Giunta regionale pugliese. Ma, evidentemente, l’istruttoria che ha portato a quella deliberazione del governo aveva diversi punti deboli tanto che il Tar Puglia – Sezione di Lecce, investito della questione su ricorso della Tozzi Green, ha annullato per eccesso di potere il provvedimento del governo ed il successivo decreto interministeriale n. 23 del 19 gennaio 2022 di diniego della compatibilità ambientale, facendo ritornare la questione in Consiglio dei Ministri per una nuova valutazione.
La disparità di valutazione
Ma che cosa indusse il Tar Lecce ad accogliere il ricorso della Tozzi s.p.a? Sostanzialmente un solo motivo e cioè che «il Consiglio dei Ministri, sempre investito ex art. 5, comma 2., lett. c-bis), della legge n. 400/1988, riteneva in tempi recenti, facendo proprie le valutazioni favorevoli alla realizzazione degli impianti eolici espresse dal Ministero della Transizione Ecologica e in presenza di situazioni a impatto ambientale analogo o maggiore rispetto a quello riferibile all’intervento odiernamente in esame, ‘prevalente l’interesse all’incremento dell’energia da fonti rinnovabili’».
La sentenza del Consiglio di Stato
I Ministeri soccombenti hanno proposto appello al Consiglio di Stato eccependo che «il giudice di primo grado si sarebbe limitato ad accogliere la generica doglianza di disparità di trattamento, senza verificare il corretto esercizio del potere, anche con riferimento alla verifica della ricorrenza di un idoneo e sufficiente supporto sul piano istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole». I giudici di Palazzo Spada, dopo aver respinto la domanda cautelare avanzata dai Ministeri, ha confermato la sentenza del Tar Lecce ricordando che la decisione assunta dal Consiglio dei Ministri nella procedura prevista in caso di conflitto tra Ministeri, «è frutto di un giudizio valutativo reso sulla base di oggettivi criteri di ponderazione pienamente esposti al sindacato del giudice, caratterizzato tuttavia da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e del loro apprezzamento rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera. […]». Nel caso dell’impianto eolico in territorio di Brindisi, invece, il Consiglio dei Ministri non ha fatto «buon governo dei propri poteri in tema di valutazione e ponderazione dei contrapposti interessi, esponendo il proprio giudizio a un irragionevole esito del bilanciamento in tal modo effettuato. Il Ministero, con un primo ordine di rilievi, sostiene che la sentenza del Tar non può ritenersi condivisibile nella parte in cui ha rilevato l’eccesso di potere da disparità di trattamento per avere il Consiglio dei ministri, in situazioni asseritamente analoghe alla vicenda per cui è causa, fatto propria, nell’ambito di procedimenti ex art. 5, comma 2., lett. c-bis) della legge 400/1988, la posizione del Ministero della transizione ecologica in merito alla favorevole realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia». Questo perché – dicono i massimi giudici amministrativi – «la diversità di trattamento fondante il vizio accolto dal Tar si basa, non già su situazioni sostanzialmente omologhe bensì – come anche e condivisibilmente argomentato dalla società appellata – sulla diversità di criteri di valutazione in situazioni che, pur diverse, necessitano, tuttavia, di analogo trattamento quanto ai criteri di misurazione e argomentazioni logiche, che devono essere caratterizzati da profili di oggettività istruttoria e motivazionale in quanto finalizzati al perseguimento dell’unico, avvolgente interesse pubblico proiettato a favorire il rinnovo delle fonti energetiche e la produzione di energia secondo modalità che garantiscano anche la tutela dell’ambiente e, comunque, consentano il raggiungimento dell’obiettivo eurounitario rappresentato dall’incremento delle fonti di energia eolica per almeno il 30% nell’anno 2030».
Il ruolo del Piano paesaggistico pugliese
In sostanza i giudici ravvisano «l’omessa esplicitazione delle ragioni per le quali il Consiglio dei Ministri ha inteso dare prevalenza alla posizione di contrarietà al progetto manifestata dal Ministero della cultura». La decisione del Consiglio dei Ministri «si fonda, in buona sostanza, sul quadro di protezione ambientale che si vuole accordare all’ambito di riferimento del progetto, tratto da Pptr (Piano paesaggistico territoriale regionale della Puglia n.d.r.); piano, quest’ultimo, che accorda, tuttavia, medesima protezione all’ambito di interesse di altri progetti eolici (di cui ha fornito prova la società appellata) i quali, invece, con motivazione per vero alquanto succinta, sono stati oggetto da parte dello stesso Consiglio dei ministri, di una valutazione diametralmente e incomprensibilmente opposta».
La mancata individuazione delle aree non idonee in Puglia
Dicono ancora i giudici del Consiglio di Stato che «il profilo viziante che colpisce la delibera impugnata riposa, pertanto, non già sulla circostanza (dedotta da parte appellante) di avere trattato in modo diverso fattispecie non omologhe (ciò che sarebbe stato di per sé legittimo) bensì, sulla diversità (quindi, non certezza e obiettività) dei criteri di valutazione utilizzati dall’amministrazione a fronte di fattispecie ontologicamente assimilabili (id est: impianti eolici, utilizzo di territorio agricolo non vincolato, regime normativo di protezione del Pptr)». Nella deliberazione del Consiglio dei Ministri – dicono i giudici – «si legge che ragione di contrasto tra il progetto e l’ambito naturalistico risiede nella circostanza della “avvenuta approvazione e trasmissione alla Commissione europea … della versione definitiva del Piano nazionale integrato energia e clima” nell’ambito del quale “il meccanismo della individuazione delle cosiddette ‘aree non idonee’ … sarà superato da indicazioni da parte delle regioni di “aree idonee” all’installazione di impianti F.E.R.”». Ma la Regione Puglia non aveva (e non ha) individuato le aree non idonee se non quelle indicate nel Pptr e perciò, afferma il Consiglio di Stato, «il rinvio a una futura modifica dei principi di localizzazione degli impianti eolici non può rappresentare il paradigma attuale e vigente da porre a fondamento del diniego». Infine, il Consiglio di Stato evidenzia anche come le valutazioni alla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2020 non abbiano verificato in concreto – in assenza di puntuali vincoli ambientali, paesaggistici e urbanistici – il contrasto del progetto rispetto al «processo di valorizzazione dei beni culturali che ricadono in aree limitrofe agli aerogeneratori; [al]l’effettivo consumo di suolo agricolo da parte degli aerogeneratori, tenuto conto degli insediamenti attuali e potenziali nonché delle piantagioni coltivabili; ai caratteri identitari di lunga durata di cui alla scheda d’ambito n. 9 “Campagna Brindisina”, del Pptr; ai dettami della S.E.N. [Strategia Energetica Nazionale] ovvero con il raggiungimento dell’obiettivo (vincolante per l’Unione) della medesima produzione da F.E.R. per almeno il 30% nell’anno 2030 (direttiva 2018/2001/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11.12.2018)». Il Consiglio di Stato, quindi, ha confermato la sentenza del Tar Lecce ribadendo «il deficit motivazionale che affligge il provvedimento impugnato in primo grado […], avuto riguardo al concetto di “prevalenza” ovvero della ponderazione degli interessi in gioco e della esplicitazione dei motivi in base quali è stata data prevalenza ad un interesse rispetto all’altro, ancor più laddove si consideri che il Pptr – anche con specifico riferimento all’ambito 9, “La campagna brindisina” – è stato ritenuto dall’amministrazione, con riguardo a progetti di analoga potenza (vedi perizia suindicata), non “determinante” ai fini della scelta operata dall’amministrazione».