Il Consiglio di Stato statuisce la prevalenza delle norme di tutela del Parco regionale del Beigua in Liguria sull’estrazione di titanio, metallo strategico a livello UE ● Il problema dell’applicabilità delle norme europee e nazionali sulle materie prime critiche e strategiche indispensabili per il green deal
In copertina, mappa dei giacimenti italiani di minerali per la transizione ecologica e digitale – Fonte ISPRA
di Fabio Modesti
Sono oltre 4mila le tonnellate di titanio metallico che vengono processate nei Paesi UE ed il più importante fornitore di questo minerale a tutt’oggi è il Kazakhstan con il 37%. Ma l’Unione europea ha deciso di agire in proprio per quanto possibile e di riprendere ad estrarre soprattutto i minerali necessari per la quarta rivoluzione industriale (elettronica, robotica, AI, IOT, connettività), per la transizione ecologica/digitale e per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Nel 2022 Ursula von der Leyen affermò che «il litio e le terre rare saranno presto più importanti del petrolio e del gas. La nostra richiesta delle sole terre rare aumenterà di cinque volte entro il 2030. […] Dobbiamo evitare di diventare nuovamente dipendenti, come abbiamo fatto noi fatto con il petrolio e il gas. […]». È così nato il regolamento UE n. 1252/2024, per l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, e in Italia il decreto-legge n. 84/2024 “Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”. Ma l’applicabilità di queste norme non è sempre agevole di fronte alle tutele paesaggistiche ed ambientali considerato che gran parte dei giacimenti in questioni sono localizzati in aree protette o tutelate a vari livelli anche da norme europee.
Il caso del parco regionale del Beigua
La Liguria è una delle Regioni in cui i giacimenti di titanio metallico sono rilevanti. Lo sono in particolare nel magnifico territorio tutelato dal parco regionale del Beigua. È quindi accaduto che nel 2015 la Compagnia Europea per il Titanio s.r.l. (CET) abbia chiesto il rilascio di un permesso di ricerca mineraria (titanio, granato e minerali associati) nell’area denominata Monte Tarinè, compresa nel territorio dei Comuni di Sassello e Urbe, per un periodo di tre anni. Ma la Regione Liguria ha negato il permesso perché l’area era inclusa nei confini del parco regionale del Beigua e le norme del piano territoriale del parco non consentivano quell’attività. La società ha proposto ricorso contro il diniego prima al Tar Liguria e poi al Consiglio di Stato perdendo i contenziosi nel 2020. Successivamente la medesima CET ha presentato una nuova domanda per il rilascio, questa volta, di un permesso di ricerca mineraria (titanio, granato e minerali associati) di durata triennale in un’altra area in parte ricadente nei confini del parco regionale del Beigua ed in parte nella contigua Zona speciale di conservazione (ZSC) “Beigua – M. Dente – Gargassa – Pavaglione”. La richiesta riguardava soltanto rilevamenti geologico-strutturali effettuati a piedi e analisi del terreno mediante strumenti spettroscopici a raggi X. La Regione Liguria ha accolto in parte l’istanza presentata dalla società ma non sono state assentite le ricerche minerarie nel territorio del Parco in quanto, «sebbene le attività programmate non comportino alterazioni dello stato dei luoghi, perseguono finalità non ammesse in un contesto ove vige il tassativo divieto di apertura ed esercizio di miniere». Il provvedimento regionale è stato impugnato, con opposte motivazioni, dalla società CET, da alcune associazioni protezionistiche e dallo stesso ente parco regionale del Beigua. Il Tar Liguria ha respinto il ricorso della società, ha accolto in parte quello delle associazioni protezionistiche ed ha accolto quello dell’ente parco.
La decisione del Consiglio di Stato
La società CET si è così rivolta al Consiglio di Stato il quale (Quinta sezione) è stato laconico e lapidario. «Successivamente all’emanazione della sentenza del Tar Liguria n. 200/2020 (confermata dal Consiglio di Stato a conclusione del giudizio n. 6609/202 R.G.) – scrivono i giudici di Palazzo Spada -, la società ha inserito nel proprio oggetto sociale la ricerca scientifica, in aggiunta all’ambito originario dell’attività, comprendente, tra l’altro, “il commercio, lavorazione di minerali, gestione e partecipazione in cave e miniere e gestione d’impianti industriali, minerari e metallurgici”. Ad onta di tale inserimento, va escluso che quella oggetto di istanza sia riconducibile all’attività propriamente scientifica. Ciò in quanto, sotto un primo profilo, avuto riguardo all’indicata metodologia di indagine (analisi superficiale del terreno), senza prelievo di campioni, l’attività in esame presenta un interesse scientifico pressoché inesistente, in quanto non è volta in alcun modo a implementare le conoscenze e il sapere. In secondo luogo, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, l’appellante non risulta avere effettuato in precedenza studi scientifici di alcun tipo, tali da accreditare la sua vocazione di soggetto svolgente attività di ricerca, sicché anche sotto questo profilo la dedotta istanza va letta in correlazione con l’ampio oggetto dell’attività di impresa, sostanziantesi – si ribadisce – nell’attività estrattiva. Per tali ragioni, è del tutto logico inferire che, avuto riguardo all’ampio oggetto sociale della CET s.r.l, l’attività di ricerca scientifica è del tutto marginale e servente rispetto a quella puramente estrattiva; attività, quest’ultima, effettivamente svolta dalla società appellante come primaria attuazione del proprio oggetto sociale. Ciò è tanto più vero se si considera che, nella relazione geologico-mineraria depositata a corredo dell’istanza, l’appellante pone l’accento sulla “… sempre maggiore richiesta, a livello mondiale, di Titanio”, motivo per il quale “la Cet ha deciso di richiedere un permesso di ricerca, per poter effettuare indagini preliminari finalizzate a valutare la distribuzione (areale e superficiale), nonché a definire le concentrazioni, delle mineralizzazioni di Rutilo presenti nell’area in esame”. In sostanza, l’esame complessivo della documentazione presente in atti consente di affermare che, ad onta del (semplice) ampliamento dell’oggetto sociale, comprendente anche la ricerca scientifica, il nucleo fondamentale dell’attività in esame, e il fine ultimo cui tende l’attività di impresa, è da ricercarsi comunque nell’attività estrattiva; attività vietata nell’intorno territoriale di riferimento. Per tali ragioni, l’impugnata sentenza deve ritenersi frutto della corretta valutazione di tutte le circostanze del caso, e si sottrae quindi dalle dedotte censure». E poiché le norme di tutela del piano per il parco si applicano anche a tutta la ZSC “Beigua – M. Dente – Gargassa – Pavaglione”, pure se in parte esterna al parco, il divieto di attività estrattiva è esteso anche all’intera ZSC.
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Quelli in mappa non sono i minerali critici ( detti anche di transizione). infatti piombo, zinco, pirite, talco, oro etc. non lo sono. il mercurio è bandito. il talco è dichiarato cancerogeno dalla organizzazione mondiale della sanità…
Grazie per il commento. Tuttavia la fonte è la seguente https://www.isprambiente.gov.it/it/progetti/cartella-progetti-in-corso/suolo-e-territorio-1/miniere-e-cave/progetto-remi-rete-nazionale-dei-parchi-e-musei-minerari-italiani/file/7-remi_-30giu23-f-fumanti-d-savoca-materie-prime-critiche.pdf, diapositiva n. 20.