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Rinnovabili all’assalto della Puglia: fischia il vento, infuria il sole

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La distesa di campi eolici in Capitanata vista da Monte Tre Titoli – Accadia (FG) – foto Antonio Sigismondi

Mai come ora il territorio pugliese è interessato da una valanga di progetti per la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici. Enti locali e Regione in difficoltà cercano di arginare l’ulteriore occupazione di suolo negando le autorizzazioni. Il caso della provincia di Brindisi è emblematico. Aumentano i contenziosi presso la giustizia amministrativa.

Ma le procedure valutative ed autorizzative si svolgono anche a livello nazionale e spesso hanno esiti favorevoli. L’assenza di coordinamento e di banche dati connesse fa il resto.

Da ormai un paio d’anni in Puglia è ripresa a tamburo battente la corsa all’insediamento di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaici, agro-fotovoltaici – è una novità – ed eolici), forse più che nel “periodo d’oro” della prima legislatura regionale guidata da Nichi Vendola. Mettendo in fila i dati si resta impressionati dalla quantità di energia che si propone di immettere nella rete gestita da Terna e, soprattutto, dalla quantità di suolo agricolo che si intende occupare. Sarà per il Just Transition Fund (il Fondo per la transizione giusta) – lo strumento finanziario dotato di 40 miliardi di Euro con cui l’Unione Europea punta a favorire l’abbandono delle fonti fossili nelle regioni europee che sono rimaste più indietro negli investimenti in tecnologie pulite -, sarà per i fondi europei per la ripresa e la resilienza delle economie post Covid-19 (Recovery Fund), sta di fatto che le amministrazioni locali pugliesi chiedono aiuto per frenare l’ondata di “energia pulita”.

Dati impressionanti

E mentre la Commissione UE cerca di salvare capre e cavoli (rinnovabili e natura), come abbiamo già scritto, l’SOS viene lanciato dal Comune di Brindisi ed il perché sta nei dati di cui dicevamo prima. Solo quest’anno, fino agli inizi di dicembre, all’amministrazione provinciale di Brindisi sono pervenuti 43 progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici per una potenza di 931 megawatt ed un’occupazione di suolo (esclusivamente agricolo) di oltre 1.700 ettari. Gran parte delle istanze riguarda il Comune di Brindisi il quale, il 20 novembre scorso, ha scritto a alle amministrazioni interessate evidenziando tutte le criticità possibili nel dare il via libera all’invasione di pannelli solari e di torri eoliche ed invocando la protezione del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale. È da tener presente che fino a quest’anno il territorio brindisino è stato già occupato da 900 ettari di impianti fotovoltaici. Il Comitato VIA regionale, la  Sezione Paesaggio della Regione Puglia e la Soprintendenza al Paesaggio hanno raccolto la richiesta e rigettato buona parte delle istanze per l’enorme consumo di suolo e perché in violazione del PPTR.

La Puglia ha già dato

Anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiamata a dirimere il 21 maggio scorso un conflitto – incredibile a dirsi – tra Ministero dei Beni culturali e Ministero dell’Ambiente con il primo contrario alla realizzazione di un impianto eolico da 34,5 MW a Brindisi-Santa Teresa ed il secondo favorevole, dice la sua sulla questione in modo inequivocabile: «la Puglia risulta essere la Regione italiana con la maggiore potenza eolica installata, con una produzione di 2.473,2 MW, per un totale di 1.173 impianti pari al 25,3% della potenza eolica nazionale, e […] tale rilevantissima concentrazione di impianti in alcune aree provoca un forte impatto sul paesaggio regionale. […] Il progetto denominato “Eolico Brindisi Santa Teresa” non rispetta gli obiettivi e le direttive del PPTR della Regione Puglia in quanto ostacola la  realizzazione  degli  obiettivi di tutela e di valorizzazione ivi indicati.» Ed infine, in modo netto, «il raggiungimento degli obiettivi regionali di burden sharing (ossia la suddivisione tra le 20 Regioni italiane dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili e del risparmio energetico), di cui al decreto 15 marzo 2012 del Ministero dello sviluppo economico, e la tutela dell’iniziativa economica privata non possono prevalere sull’interesse pubblico alla tutela e conservazione, anche per le generazioni future, di un territorio classificato dai vigenti strumenti paesaggistici come “paesaggio agrario di valore”, nonché interessato da numerose evidenze archeologiche».

La situazione provincia per provincia

Ma, evidentemente, non basta. Quest’anno è il fotovoltaico che va forte. In Provincia di Foggia vi sono richieste per quasi 800 MW di potenza ed oltre 1.000 ettari di suolo agricolo da occupare. In Provincia di Taranto sono in valutazione progetti di impianti fotovoltaici per circa 611 MW ed 853 ettari di suolo agricolo da occupare. Poi vi sono i progetti di impianti fotovoltaici soggetti alla valutazione d’impatto della Regione per la potenza complessiva di 508 MW ed una superficie interessata di altri 856 ettari con la seguente ripartizione provinciale: Bari 176 MW per 270 ettari; Brindisi 10,28 MW per 24 ettari; Foggia 38 MW per 62 ettari; Lecce 163 MW per 263 ettari; Taranto 121 MW per 237 ettari. Ma non è finita qui perché al Ministero dell’Ambiente, competente per le Valutazioni di Impatto Ambientale a livello nazionale per impianti eolici superiori a 30 MW, sono in esame progetti riguardanti la Puglia per ulteriori 1.822 MW così ripartiti a livello provinciale: Bari 115 MW, Brindisi 511 MW, Foggia 1.133 MW, Taranto 63 MW.

Consumo di suolo in Puglia, soldi al Nord

Se si fa la somma, ci si spaventa anche perché non esiste una banca dati regionale unificata che possa monitorare la situazione. In questi dati non sono compresi gli impianti sotto 1 MW per i quali sono competenti i Comuni con procedure semplificate, e le opere connesse (cavidotti, piste di servizio e sottostazioni di trasferimento). La quasi totalità delle società proponenti sono s.r.l. con capitali sociali irrisori e con sedi nel Nord Italia ed in molti casi è evidente il frazionamento artificioso dei progetti, riconducibili ad una medesima società pur se presentati da soggetti giuridici diversi, per evitare di superare le soglie di potenza che richiederebbero procedimenti di valutazione più complessi. I dinieghi delle autorizzazioni sono molto spesso impugnati dinanzi alle sezioni del TAR pugliese e non sempre la protezione della natura e del paesaggio ha la meglio. Il silenzio di chi, a livello nazionale e regionale dovrebbe pianificare e dare indirizzi, è assordante.

Fabio Modesti

Questo articolo ha 3 commenti

  1. michele marino

    Bisogna essere informati e informare le comunità, prima di tutto, poi intervenire, agire legalmente, ribellarsi, protestare, ecc.
    Vedere quello che abbiamo fatto dal 2011 sul nostro sito web
    http://www.consorzioproofanto.it
    Cordiali saluti, il presidente

    1. Fabio Modesti

      Grazie, Michele Marino.

    2. Giovanni Selano

      Ancora con questa storia che l’Italia vanta una sedicente superiorità rispetto ad altri paesi? Direi anche basta. La realtà dice che gli effetti del cambiamento climatico (eventi estremi cancellano interi paesaggi in una notte) impongono irrimediabilmente una risposta anche in termini di transizione energetica. E questo comporterà una trasformazione anche del paesaggio. Altri paesi non hanno girato la testa dall’altro lato e stanno facendo quello che va fatto, puntando sulla reversibilità nel medio periodo. Al contrario delle migliaia di mediocri costruzioni che ci circondano, gli impianti eolici e FV sono totalmente reversibili e quelli eolici sono riciclabili al 90%. Il problema è che qui da noi il paesaggio è ancora concepito come vincolo alla trasformazione e non come condizione capace di arrivare adeguate modalità progettuali. A me i nuovi paesaggi (che includono gli impianti da fonti rinnovabili) mi rendono orgoglioso. Una testimonianza dell’adesione del posto in cui vivo alle sfide della contemporaneità. E poi al fine di contemperare l’esigenza legata all’utilizzo delle fonti rinnovabili con la tutela delle sensibilità ambientali e paesaggistiche, a livello interministeriale hanno già legiferato individuando aree non idonee, tra l’altro estremamente esuberanti in termini di ampiezza. Non si comprende dunque la lamentela di Fabio Modesti a riguardo.

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