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Lupi e uomini in Puglia #2

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Esemplare adulto di lupo fototrappolato in Alta Murgia (foto Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia/Dipartimento di Biologia Università di Bari)

Convivere con i lupi in una delle aree interne più importanti di Puglia, l’Alta Murgia. L’esperienza di un’azienda zootecnica nata nel 2015 da un progetto Fondazione con il Sud, Parco Nazionale e Università di Bari. Quando il pastore è un ricercatore universitario.


A Corte Cicero, parte di una delle più belle masserie del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Casino De Angelis, Rocco Sorino, oggi quasi cinquantenne, biologo, naturalista e ricercatore universitario, fa il pastore per i lupi. Allevamento estensivo, produzione di eccellenti cacicavalli, studio degli agroecosistemi sono fusi in un’esperienza per molti versi unica e rappresentativa di come è possibile coniugare conservazione di una tra le specie più amate ed odiate ed il duro lavoro del pastore. La corretta gestione degli animali allevati si conferma una delle attività di prevenzione più importante. Ma gli allevatori non devono essere lasciati soli altrimenti da soli regolano le cose.


Rocco Sorino e le sue capre garganiche

Domanda – Come siamo messi a lupi in Puglia, Rocco Sorino?

Risposta – I lupi in Puglia ci sono e sono ad oggi distribuiti in tutte quelle aree considerate vocazionali: Appennino Dauno, Gargano, Alta Murgia, Murgia dei Trulli, Gravine dell’Arco Jonico e basso Salento. Questa distribuzione ci fa capire come il lupo sia un animale eclettico, pronto a utilizzare isole di habitat naturali immerse in un contesto antropizzato, fatta eccezione per alcuni comprensori come il Gargano.

D. – Secondo te gli allevatori hanno ragione ad essere così arrabbiati coi lupi?

R. – Sì. Il lupo da sempre è considerato un competitore e quindi un detrattore economico. È chiaro che questa visione può essere mitigata solo se la pubblica amministrazione fosse più attenta e pronta ad affrontare il fenomeno. Oltre ad accelerare le pratiche di indennizzo dei danni da predazione, potrebbe essere utile una task force regionale di supporto alle Asl che fornisca analisi e diagnosi tempestive delle predazioni e l’elaborazione di piani di mitigazione dei conflitti per ciascuna azienda pastorale sulla base di una serie di parametri. Ed un piano di comunicazione. Non bisogna lasciare i pastori e gli allevatori soli altrimenti da soli si fanno giustizia.

D. – In tempo di pandemia siamo capaci di affrontare le relazioni con gli animali selvatici (e non) in un’ottica One Health, cioè che comprenda le fortissime interazioni tra la salute animale e quella umana?

R. – Non so se ci stiamo riuscendo. Percepisco che tutto stia funzionando con l’approccio di sempre che non funziona.

Vacca podolica al pascolo a Corte Cicero (foto Fabio Modesti)

D. – ISPRA sta conducendo il primo monitoraggio su scala nazionale del lupo. Quali materiali e metodi dovrebbero essere utilizzati per un risultato che sia aderente alla realtà?

R. – Dopo molti anni e per la prima volta si sta conducendo un monitoraggio che permetterà di ottenere dei dati cosiddetti rappresentativi grazie alla standardizzazione dei metodi e alla scala di indagine. Il metodo che più potrebbe dare risultati attendibili in termini di popolazione è l’analisi genetica da materiale biologico: ogni singolo individuo della popolazione sarebbe “marcato” e la popolazione sarebbe tipicizzata e “mappata” ricostruendo anche i legami tra individui e quindi i pedigree. Inoltre, si potrebbe analizzare lo stato degli ibridi (cane-lupo).

D. – Nel nord della Spagna il Governo iberico ha fermato gli abbattimenti di lupi. Pensi che gli abbattimenti possano costituire una soluzione ad un’eventuale densità eccessiva della specie anche in Italia ed in Puglia?

R. – Gli abbattimenti non sono la soluzione. Un proverbio dice “per ogni lupo ucciso al funerale se ne presentano due”. In termini ecologici invece, soprattutto in popolazioni in fase di dispersione, esiste, così come abbiamo descritto in Alta Murgia, un elevato grado di turnover: quando un individuo viene a mancare per qualsiasi causa quello spazio viene subito rioccupato da un altro individuo in dispersione o da un individuo satellite al branco.

D. – Prevenzione e pagamento veloce ed adeguato di indennizzi sono gli unici strumenti per convivere con il lupo?

R. – Sicuramente non sono i soli. Un parametro che non viene mai considerato è il costo dello smaltimento della carcassa a carico dell’allevatore. Smaltire una carcassa di cavallo o di bovino costa all’allevatore 250 euro e circa 45 Euro quella di un ovi-caprino. Ed ecco il motivo per cui ancora una volta l’allevatore trova altre strade.

Il compendio di Corte Cicero (foto Fabio Modesti)

D. – Che cosa racconta l’esperienza della Stazione biologica e centro di documentazione sul lupo e elle attività pastorali Corte Cicero, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia?

R. – Sull’altopiano murgiano, l’azienda silvopastorale Jazzo Corte Cicero ospita la Stazione Biologica, unità dell’associazione Centro Ricerche per la Biodiversità. La costituzione della Stazione Biologica è una delle principali azioni del progetto Allupo finanziato da Fondazione Con il Sud e Parco Nazionale dell’Alta Murgia nel 2015, con il sostegno del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Un importante obiettivo raggiunto è la realizzazione del circuito “Masserie Amiche del Lupo”, aziende zootecniche che realizzano prodotti denominati “della Terra dei Lupi” riconosciuti da una specifica certificazione, Grassland Biodiversity, messa a punto con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, che attesta il grado di naturalità dell’area di produzione e di provenienza. L’azienda è laboratorio per gli studenti dell’Università e per quelli di ogni ordine e grado sulle tematiche ambientali che vedono interagire l’allevamento e la conservazione della biodiversità. Qui vi è la Scuola del Pastore e si accolgono viandanti, viaggiatori e gente senza tempo.

D. – Di che cosa ha bisogno la ricerca sul lupo, in particolare in Puglia? Più fondi oppure più passione, competenza, multidisciplinarietà e contatto con la realtà degli allevamenti?

R. – I fondi sono sufficienti. Quello che oggi manca è, a proposito di multidisciplinarietà, l’interazione tra strutture della pubblica amministrazione. Eppoi, la mancanza di programmi gestionali oculati e durevoli. Ciò è dovuto alla scarsa collaborazione tra assessorati all’agricoltura e quelli all’ambiente ed alla sanità animale. Infine, nei programmi dei corsi di laurea di chi dovrebbe occuparsi di questi temi bisognerebbe inserire discipline che trattino delle produzioni, della conservazione della natura, della sanità animale e delle loro interazioni, soprattutto oggi che la wilderness è limitata a poche aree geografiche.

Fabio Modesti

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Patrizia Tartarino

    Bella intervista, molto interessante!!! Finalmente la chiarezza di un esperto, un ricercatore attento. Complimenti Fabio

  2. Fabio Modesti

    Grazie, Patrizia.

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