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Dati selvaggi sui selvatici in Puglia

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In copertina, parrocchetti monaci (Myiopsitta monachus) a Lama Martina – Molfetta (BA) – foto ©Fabio Modesti

di Fabio Modesti

Dati selvaggi sui selvatici in Puglia. Ormai siamo abituati al rimbombo mediatico degli allarmi provocati dalla vista di animali selvatici attorno a noi. Stiamo, per brevità, agli ultimi echi. La Coldiretti ha lanciato da Bari l’allarme per la diffusione incontrollata dei cinghiali che determinano danni alle colture ed alle cose e causano incidenti stradali di non poco conto. Secondo la maggiore organizzazione datoriale degli agricoltori, in Italia ci sarebbero oltre 2,5 milioni di cinghiali, stima per difetto, e le pubbliche amministrazioni sono inermi, non agiscono. Ma per i dati ufficiali dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), nel 2021 la consistenza minima era 1 milione di capi in meno, 1,5 milioni. I dati diffusi dal Commissario Straordinario della Peste Suina Africana (PSA), Vicenzo Caputo, nel Piano nazionale 2023 di sorveglianza ed eradicazione della malattia che vede i cinghiali principali diffusori, indicano una stima minima di meno di un milione di capi, esattamente 953.383 (in Puglia circa 25.000 capi). Nel caso dei cinghiali, poi, sempre l’ISPRA afferma che «nel periodo 2015-21 il prelievo di cinghiale è aumentato del 45% e in media sono stati abbattuti circa 300.000 cinghiali all’anno (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di controllo faunistico). Nello stesso periodo, gli importi annuali dei danni all’agricoltura sono oscillati tra 14,6 e 18,7 milioni di €, con una media annuale pari a oltre 17 milioni di €». Insomma, più si preleva e più aumentano i danni all’agricoltura. In Puglia, per debellare la PSA si dovrebbero prelevare 4mila capi su 25.000, cioè circa il 16%. Una percentuale che appare piuttosto contenuta rispetto all’obiettivo. Ora, il Decreto-Legge  15 maggio 2024, n. 63 voluto dal Ministro alle Politiche agricole Lollobrigida prevede, all’articolo 6, comma 4., che pure le Forze Armate potranno partecipare agli abbattimenti (chiamati “bio-regolazioni”) utilizzando «le dotazioni di armamento di cui è fornito […]». Non vorremmo si ripercorrano le gesta di Hermann Goering, il più accanito cacciatore tedesco, che, nel 1934 fu invitato dell’ambasciatore polacco a Berlino, Józef Lipski nel tentativo di preservare la sua Polonia, ad abbattere bisonti europei e cinghiali nella foresta di Bielowieza. Ci fermiamo qui ma potremmo andare avanti parlando della presenza del lupo, dei parrocchetti verdi e parrocchetti monaci (i pappagallini che stanno seriamente mettendo a rischio i raccolti di mandorle) la cui popolazione sta crescendo in modo geometrico non avendo peraltro predatori specializzati, ma anche delle diverse specie di zanzare diffusori di chikungunya e di malaria, quest’ultima recentemente tornata alle cronache giornalistiche in Puglia con grande e più che ingiustificato clamore. Preme però dire che la questione dell’origine dei dati sui selvatici, delle loro modalità di raccolta e di analisi, è fondamentale. Si tratta di processi scientifici complessi, elaborati con strumenti e metodi standardizzati e condivisi a livello internazionale. E solo a quelli bisogna rifarsi, evitando di sparare cifre a casaccio solo per parlare alla pancia della gente.

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