«Contro il lupo l’unica difesa sensata è quella passiva, quella in uso da sempre da coloro che dalla notte dei tempi praticano la pastorizia in sua presenza: impiego di cani da pecora abruzzesi o simili, gregge rinchiuso di notte, di giorno gregge accompagnato al pascolo da pastore e cani»
In copertina, lupi uccisi con stricnina sui monti Marsicani – Foto tratta da Almanacco del Cacciatore, 1937-8, edizioni Diana.
di Paolo BREBER
Con una popolazione passata da circa cento negli anni 1970 a circa tremila di oggi, il lupo in Italia non sembra più essere sull’orlo d’estinzione. Questo ritorno è dovuto al prodigioso incremento della sua fonte alimentare, gli ungulati selvatici, conseguenza dell’espansione di habitat idoneo causato dallo spopolamento del territorio extraurbano. Nonostante tale abbondante risorsa alimentare “lecita” ancora oggi, come in passato, il lupo non resiste alla tentazione di pasteggiare con qualche inerme pecora. E giustamente gli allevatori si lamentano. Per ovviare si sta cercando da qualche anno come salvare capra e cavoli, o meglio lupo e pecora, introducendo mezzi di salvaguardia non letali come cani protettivi e stabulazione notturna. Ma per alcuni pastori in zone dove il lupo non c’era da molto tempo come nelle Alpi certe abitudini sono dure da cambiare. Dove non si munge, le
pecore vengono lasciate per mesi da sole al pascolo; prassi incompatibile con la presenza del lupo. Con il caso della povera cavallina Dolly di Ursula von der Leyen pare che la misura sia giunta al culmine ed ora si propone di fare un po’ di retromarcia con il regime di protezione assoluta per la “fiera sanguinaria”.
Le idee illusorie
Cosa fare? Si propone con visione spicciola di ridurre il numero di lupi seguendo la logica: meno lupi = meno danni. Questo metodo è stato sperimentato in Slovacchia ma la riduzione dei lupi non ha portato ad una correlata diminuzione dei danni al bestiame domestico. La spiegazione sta nel fatto che il lupo non si rivolge alla pecora per mancanza di prede naturali ma perché è facile prenderla rispetto alla dura battaglia per un un cervo o cinghiale. Per far cessare i danni totalmente bisognerebbe estirpare totalmente la specie, cosa che si prefigura probabilmente impossibile. In Italia, ricordiamocelo, fino agli anni 1960 si auspicava la completa scomparsa del lupo per cui poteva essere perseguitato con ogni mezzo e in ogni stagione. Eppure è riuscito a farcela, e anche quando era ridotto a qualche sparuto gruppo tra Abruzzo, Calabria e qualcosa in Maremma, le incursioni sulle greggi avvenivano lo stesso. L’idea di giustizieri che battono boschi e monti per eliminare qualche decina o anche centinaia di capi mi sembra assurda. I lupi scampati si farebbero più furbi e colmerebbero i vuoti in due o tre anni. Pensiamo, per analogia, alle battute per l’estirpazione della volpe che si ripetono da sempre; ce ne sono più di prima. Anche la riduzione con l’uso di trappole è illusoria. L’impiego di questo sistema comporta una finissima conoscenza della natura e del territorio specifici. Una volta c’erano persone competenti in questo senso: i lupari ed i pastori stessi, ma ora non c’è più nessuno con questa sapienza. La stricnina sarebbe un metodo efficace ma assolutamente improponibile perché colpirebbe una serie di altre specie di primaria importanza naturalistica. L’avvoltoio grifone in Sicilia è stato eliminato negli anni 1960 dai bocconi avvelenati lasciati dai pastori contro le volpi e lupi. La reintroduzione del gipeto in Sardegna è fallita per lo stesso motivo. Pensate oltretutto alla strage dei cani da caccia e da pastore.
Il rischio di avere lupi più scaltriti
Comunque sia, il risultato sarebbe lo stesso di quello prospettato sopra: ancora lupi ma più scaltriti. Premesso che le sole persone che hanno ragione di lamentarsi del lupo sono i pastori, l’unica difesa sensata è quella passiva, quella in uso da sempre da coloro che dalla notte dei tempi praticano la pastorizia in presenza del lupo: impiego di cani da pecora abruzzesi o simili, gregge rinchiuso di notte, di giorno il gregge accompagnato al pascolo da pastore e cani. Forsitan imposuit pecori lupus? Haud timet hostes turba canum vigilans (Carmina Einsidlensia, 55-65 d.C.). A titolo personale aggiungo che non nego il diritto morale del pastore di tirare una schioppettata al lupo che vede gironzolare attorno allo stazzo, trattandosi pur sempre di difesa passiva. Chissà se Ursula von der Leyen ha chiesto un indennizzo per la perdita della povera cavallina Dolly?