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Biodiversità, se la ricerca scientifica copre illeciti

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In copertina, maschio di Fanello (Linaria cannabina) – foto ©Fabio Modesti

di Fabio Modesti

A Malta hanno giocato una partita truccata con le norme europee di protezione degli uccelli selvatici. La tradizione locale, non diversa da quella cipriota e libanese ma anche di Paesi dell’Europa continentale, di catturare con trappole di vario tipo piccoli uccelli di passo in quei Paesi per attività “ricreativa” (anche gastronomica), può costare caro alla repubblica maltese. Secondo l’Avvocato generale dell’UE Tamara Ćapeta, che ha consegnato il 30 maggio scorso le proprie conclusioni in un procedimento avviato dalla Commissione UE contro Malta dinanzi alla Corte di Giustizia, Malta «è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza delle disposizioni dell’articolo 5 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva». Il gioco pericolo di Malta inizia con la fase di adesione all’UE durante la quale ha accettato di adeguare i suoi usi ai requisiti della direttiva UE “Uccelli” entro il 2008. E così ha fatto nel 2009 vietando la cattura di fringillidi (tra cui fanelli, cardellini, fringuelli, frosoni, verzellini, cardellini euroasiatici) mediante trappole. Ma le pressioni dei commercianti di selvatici per fini “ricreativi” costrinse il governo maltese, nel 2014, ad avvalersi del sistema di deroghe al divieto di cattura stabilito dalla direttiva UE per la conservazione delle specie di uccelli selvatici. La questione si risolse quattro anni dopo, nel 2018, dopo la cattura di migliaia di esemplari di specie di fringillidi, quando la Corte di Giustizia UE stabilì che Malta stava truccando le carte e che «l’assenza di dati (deficit di conoscenze) circa la provenienza delle popolazioni di riferimento di uccelli che migravano attraverso Malta impediva di soddisfare il criterio delle “piccole quantità” previsto ai fini della deroga per scopi ricreativi».

Ed ecco che nel 2020 il governo maltese inventa un progetto scientifico denominato “Progetto fringillidi” (“Finches Project”) che prevede la cattura di esemplari vivi delle stesse sette specie di fringillidi previste dalla normativa che consentiva la cattura mediante trappole per scopi ricreativi, per finalità di ricerca scientifica. La normativa maltese che accompagna il “Progetto fringillidi” si basa su una diversa deroga contenuta nell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b) della direttiva UE “Uccelli”. Ma la Commissione UE non se l’è bevuta ed ha attivato il procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia perché ha ritenuto «che Malta non avesse dimostrato che il Progetto fringillidi perseguiva un autentico scopo di ricerca, che la normativa maltese fosse priva di motivazione quanto all’esistenza di altre soluzioni soddisfacenti e che non avesse dimostrato l’assenza di queste ultime». Ancora una volta Malta ha cercato di svicolare abrogando nel 2020 le norme di accompagnamento del “Progetto fringillidi” salvo poi riadottarle, con qualche lifting formale ma non sostanziale, un anno dopo.

La questione dell’utilizzo delle deroghe al divieto di cattura di esemplari di uccelli selvatici per fini scientifici non è di semplice soluzione, secondo l’Avvocato generale UE. Come stabilire nella sostanza e nella forma giuridica che cos’è ricerca scientifica per la quale autorizzare deroghe a divieti? Secondo Ćapeta «la dimensione sostanziale di un progetto di ricerca è il suo obiettivo; esso risponde a una questione sulla quale il progetto mira ad ampliare il corpus di conoscenze e spiega il motivo per cui, in primis, tale questione debba essere posta. La dimensione procedurale riguarda i metodi scientifici che esso impiega; trattasi del modo in cui sarà raggiunto il risultato desiderato». Malta ha stabilito come obiettivo della ricerca conoscere «da dove provengono i fringillidi che migrano attraverso Malta durante la migrazione (autunnale) successiva alla riproduzione». Ma secondo la Commissione UE questo non è un obiettivo di conservazione delle specie oggetto di prelievo. L’Avvocato generale, dal canto suo, concorda con la Commissione sul fatto che «gli elementi di prova forniti non dimostrano che la concezione e l’attuazione del “Progetto fringillidi” siano autentiche e ragionevoli rispetto alla realizzazione dei suoi obiettivi dichiarati. Per questo motivo, esso non può essere giustificato in virtù della deroga ai fini della ricerca di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva “Uccelli”». Ed ancora, l’Avvocato generale Ćapeta ritiene che «Malta non abbia spiegato chiaramente il motivo per cui altri metodi disponibili non siano idonei a colmare il deficit di conoscenze, la cui individuazione costituisce il motivo per cui è stato sviluppato il “Progetto fringillidi”. Pertanto, le motivazioni contenute nella normativa di attuazione (dichiarazioni) non soddisfano il criterio della certezza del diritto stabilito dalla giurisprudenza, essendo necessaria una motivazione chiara e sufficiente dei motivi per i quali le condizioni di cui all’articolo 9, sono soddisfatte, comprese le ragioni per cui l’autorità che introduce la misura di deroga ritiene che non esistano altre alternative soddisfacenti».

La lettura delle conclusioni dell’Avvocato generale UE è interessante perché consente di approfondire un tema che anche in Italia si sta affermando ossia l’uso della ricerca scientifica, in collaborazione anche con istituzioni pubbliche di ricerca, per coprire, in realtà, attività di prelievo di specie faunistiche protette per scopi venatori oppure per fini ricreativi ma anche attività di prelievo di specie vegetali in territori protetti per fini commerciali oppure di svago.

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