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Biodiversità, VIncA il migliore

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Tutela della biodiversità fuori dai radar delle Regioni. Gran parte di esse inadempienti nel recepimento delle Linee guida nazionali sulla valutazione di incidenza. Puglia a metà classifica con trend in discesa. L’assenza di visione strategica nella gestione dei Siti Natura 2000


In copertina, i boschi tra Faeto, Celle San Vito e Castelluccio Valmaggiore sui Monti Dauni in Puglia e, sullo sfondo, la mitragliata di torri eoliche nel Tavoliere – foto Fabio Modesti

di Fabio Modesti

Lipu, WWF Italia e Analisti Ambientali (AAA) hanno prodotto un report sul recepimento e sull’applicazione delle linee guida (105 pagine!) dell’ex Ministero dell’Ambiente (oggi Transizione ecologica) sulla procedura di valutazione di incidenza (con pessimo acronimo VIncA). È una procedura prevista dall’articolo 6 della direttiva europea 92/43 sulla tutela di habitat naturali e seminaturali e di specie selvatiche animali e vegetali per evitare che essi vengano perturbati o distrutti dall’attività umana. L’Italia è arrivata abbastanza tardi, e con correzioni di rotta imposte dalle sentenze della Corte di Giustizia europea, alla sua corretta applicazione. Le linee guida ministeriali sono state approvate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2019 e Lipu, AAA e WWF Italia hanno voluto verificarne il tasso di recepimento e di applicazione a livello regionale. È bene sapere, però, che qui si sta trattando del recepimento formale e non certo di quello sostanziale della valutazione di incidenza; da questo punto di vista le riserve sulla corretta applicazione sono moltissime.

La lista di controllo

Nel rapporto sono stati analizzati vari aspetti che hanno consentito di mettere a punto una lista di controllo sull’adeguatezza delle linee guida regionali rispetto a quelle nazionali le quali, a loro volta, derivano dalla guida metodologica all’applicazione della valutazione di incidenza messa a punto dalla Commissione UE. I parametri di controllo sono stati raggruppati in 4 ordini: pagine web ed informazioni generali nei siti istituzionali della Regione o Provincia autonoma; screening (livello 1 della procedura di valutazione di incidenza); valutazione appropriata e deroghe (livello 2 della procedura); pubblicità dei dati ambientali e partecipazione del pubblico. Lasciando alla lettura del rapporto l’approfondimento tecnico, quel che emerge è che alla data del 31 dicembre 2021, cioè alla chiusura della finestra temporale della ricognizione, «soltanto nove delle Regioni e Province Autonome hanno recepito le linee guida nazionali, sette integralmente: Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Umbria e due soltanto in parte: Provincia autonoma di Bolzano e Liguria». Quasi tutte le Regioni hanno pagine web dedicate alla valutazione di incidenza. Per quanto riguarda la fase di screening (ossia la verifica preliminare se assoggettare o meno il piano o il progetto alla  valutazione “appropriata” – cioè completa -) tra le Regioni che hanno recepito le linee guida ministeriali «quelle che più si avvicinano alla condizione di piena conformità sono la Puglia e l’Umbria, che mancano per un quesito il punteggio ottimale perché permangono dei dubbi sull’adeguatezza di alcune delle autorità competenti individuate dalle amministrazioni regionali, e la Lombardia penalizzata a causa delle esclusioni aprioristiche dalla VIncA in determinati casi […]».

L’assenza di strategia per i Siti Natura 2000

La valutazione appropriata, invece, viene effettuata in piena conformità alle linee guida nazionali solo dalla Regione Basilicata. La Puglia si attesta tra le più distanti dalla piena conformità. Ancora la Puglia, con Campania, Lombardia, Molise e Umbria, risulta avere recepito in modo conforme alle linee guida nazionali la sezione relativa alla pubblicità dei dati ambientali e della partecipazione. Al di là dei dati analizzati ed espressi nel sintetico ma ben fatto documento di Lipu, AAA e WWF Italia, restano tutti i problemi della corretta applicazione di una procedura, la valutazione di incidenza, tanto importante quanto ignorata per la tutela della biodiversità. Una procedura che, non ci stancheremo mai di ripetere, non è di mera valutazione ambientale ma indissolubilmente connessa alla gestione degli ecosistemi e delle specie tutelati dalle direttive “Habitat” ed “Uccelli” dell’Unione europea. Aspetto, questo, del tutto ignorato anche dal report come da gran parte delle Regioni per le quali la valutazione di incidenza resta solo uno dei tanti adempimenti che “affliggono” cittadini ed imprese. L’assenza di una visione strategica della valutazione di incidenza si accompagna all’assenza di gestione dei Siti Natura 2000 in gran parte delle Regioni le quali, per togliersi di mezzo la rogna mantenendo però la titolarità gestionale dei Siti – solo formale e più che altro per drenare risorse economiche comunitarie -, delegano la procedura a Province e Comuni che non hanno né personale competente né interesse a rendere un buon servigio alla protezione della biodiversità.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Pasquale

    Dal DPR 120 / 2003 approvato di urgenza stante le procedure di infrazione in corso, gli errori macroscopici non sono stati rimediati , mi spiego , sono stati perimetrati milioni di ettari senza uno studio e strumento particolareggiato dell’effettivo stato dei luoghi
    Le generiche valutazioni previste dall’art 6 del DPR ad esempio “ qualsiasi intervento che generi modifiche deve essere sottoposto a valutazioni di impatto” , in che misura, ogni regione fa da se , assolutamente tutto sbagliato, come al solito per evitare le giuste sanzioni si è fatto un provvedimento lacunoso idem con il DPR 357/97 non esiste una perimetrazione che differenza il SiC dallo ZpS pur essendo molto differenti tra loro i milioni di ettari imposti dagli accordi della Comunità Europea, invece di affrontare nel merito le problematiche ci si divide e scontra tra le fazioni in campo

    1. Fabio Modesti

      Caro Pasquale, la direttiva “Habitat” è stato un atto visionario che avrebbe dovuto avere, da parte degli Stati membri, maggiore attenzione e recepimenti (soprattutto per l’Italia) più adeguati da subito. Invece, per la solita nostra abitudine di fare i furbetti del quartierino, l’abbiamo recepita tardi, male e parzialmente. Sempre per fare i furbetti, le Regioni e i Comuni non si sono parlati, sono arrivate le procedure di infrazione, le condanne e la corsa ad aggiustare le cose. Molti ex Siti di Importanza Comunitaria, oggi Zone Speciali di Conservazione, sono anche Zone di Protezione Speciale perché le norme all’origine dei due istituti sono diverse. Le ZPS sono state designate per la presenza di specie di uccelli selvatici tutelati dalla relativa direttiva. La questione ora è gestionale. Queste aree non sono gestite ed i Comuni continuano a ciurlare nel manico e non chiedono chiarezza su questo. Tantomeno voglioso assumere alcuna responsabilità, con relativi finanziamenti, perché non importa nulla della tutela del territorio. Amano blaterare di decarbonizzazione e di “green deal” senza avere alcuna idea di come governare bene suoli, paesaggio e città. Grazie del tuo intervento, Pasquale.

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