Al momento stai visualizzando C’erano una volta i piani urbanistici

C’erano una volta i piani urbanistici

Reading Time: 2 minutes

Corriere del Mezzogiorno del 24 novembre 2022, pp. 1-10

di Fabio Modesti

Non si può non cogliere l’estrema difficoltà che i Comuni pugliesi hanno nell’avviare e portare avanti le procedure di formazione dei piani urbanistici generali di nuova generazione, frutto dell’impostazione data dalla Regione Puglia, a partire dai primi anni del 2000, a tutto il settore della pianificazione territoriale. Impostazione che ha trovato la sua massima applicazione nel Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr) in vigore del 2015. Dei 258 Comuni pugliesi pochi, forse un quinto, si sono dotati di strumenti di pianificazione urbanistica adeguati alla legislazione regionale in materia ed ancor meno al Pptr. Nonostante ciò le trasformazioni urbanistiche continuano a produrre vani su vani al di fuori degli stessi vecchi Piani regolatori generali (Prg) determinando carichi urbanistici non previsti e varianti urbanistiche di fatto al di fuori delle procedure di esame pubblico previste. Ed ancora, riducendo gli spazi pubblici in favore della loro monetizzazione con destinazione sconosciuta di tali somme. Il Piano casa è uno degli strumenti che hanno determinato tali sconquassi. Anche di questo si discute a Bologna in un convegno dell’Istituto Nazionale di Urbanistica dedicato alla pianificazione urbanistica più incentrata sulla sua funzione strategica ed ai nuovi standard urbanistici per superare quelli del 1968. Ci si domanda, quindi, se ha ancora senso assegnare alla pianificazione urbanistica il ruolo di strumento di regolazione dell’utilizzazione degli spazi urbani, anche nel loro rapporto con l’extra moenia, e di organizzazione della vita cittadina. La risposta potrebbe anche essere no, non ha più senso formare strumenti urbanistici per trasfondere una visione strategica e di prospettiva nella vita delle città. Quest’ultima è ormai affidata a variabili che si impongono sempre più velocemente. Ed in questo modo si impone pure un governo delle città più simile al podestariato che ad un sistema democratico e partecipato delle scelte fondamentali per la vita dei cittadini. In ogni caso, si abbia il coraggio, quindi, di modificare il quadro legislativo vigente. Ma fin quando le leggi sono vigenti, si devono rispettare. Se i piani urbanistici sono ancora strumenti cui è stata assegnata la funzione che abbiamo detto, si formino, si adottino e si approvino e fino a che ciò non accade le trasformazioni urbane devono riguardare situazioni minimali. Se esiste il principio di legalità, questo è senza aggirare l’ostacolo per consentire interventi anticipatori di una pianificazione che non esiste. Se i Comuni hanno difficoltà a mettere a punto i piani urbanistici, la Regione deve sostenerli ed assisterli in modo vero e concreto, snellendo le procedure ed assicurando la qualità tecnica e scientifica delle basi di conoscenza più che distribuire poche risorse a pioggia tra Aree interne e rigenerazione urbana (con quali progetti, piste ciclabili e parchetti di quartiere?) come potrebbe accadere con la nuova programmazione regionale dei Fondi strutturali 2021-2027. È noto che l’elaborazione di Piani urbanistici è sottoposta ad una serie di spinte e controspinte determinate dall’assetto fondiario delle città e dagli interessi connessi. Ma non c’è una terza via oltre quelle citate ed a poco può servire avviare i procedimenti e poi mettere tutto nel cassetto. Forse bisogna cominciare a ragionare in termini di penalizzazioni per le amministrazioni comunali recalcitranti ad osservare le leggi.

Lascia un commento