La natura di Porto Selvaggio così l’uomo torna alle origini

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(Natura fuori porta la Repubblica – Bari 26 febbraio 2020)

 

Baia di Uluzzo nel parco naturale regionale di Porto Selvaggio e palude del Capitano (Foto Fabio Modesti)

 

In tempi di coronavirus, di intelligenza artificiale e di 5G, una visita al parco naturale regionale di Porto Selvaggio e palude del Capitano aiuta a comprendere almeno un paio di cose. La prima è che la nostra straordinaria evoluzione biologica e culturale ancora oggi non può fare a meno del silicio per i processori dei supercomputer così come 45.000 anni fa i nostri antenati Sapiens non potevano fare a meno della selce per sopravvivere. La seconda è che, nonostante gli sforzi per accumulare denaro, garantire benessere e consumare risorse naturali, basta un microscopico esserino terribile come un virus per segnare in qualche modo i nostri destini. Così come forse accadde alle popolazioni di Uomo di Neanderthal che vivevano nelle grotte emerse di Torre dell’Alto o del Cavallo a Porto Selvaggio e che lì non tornarono mai più, lasciando campo ai Sapiens. Quest’area è una delle più importanti in Europa per lo studio della preistoria ed a Nardò è nato un prezioso museo civico ad essa dedicato. E se il paesaggio è combinazione tra storia e natura, il parco di Porto Selvaggio (il primo istituito in Puglia nel 1980, ampliato nel 2006 con la palude del Capitano) è una delle massime rappresentazioni. Tutelare questa splendida terra ha però richiesto sacrifici tra quello della di Renata Fonte. Oggi ne richiede di meno cruenti ma di tutto rilievo, da parte di alcune persone (in primis Mino Natalizio e Filomena Ranaldo – direttrice del museo della preistoria di Nardò -) che al parco dedicano passione ormai introvabile. Di battaglie e sacrifici per Porto Selvaggio parleremo ancora nella prossima puntata dedicata a questa meraviglia di Puglia.

 

Baia di Porto Selvaggio nell’omonimo parco naturale regionale (Foto Fabio Modesti)

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