La Corte costituzionale dichiara illegittima una norma della Regione Calabria che vieta la realizzazione di impianti a biomasse superiori a 10 MW in aree protette ● Allo stesso tempo stabilisce che i parchi naturali possono essere dichiarati aree non idonee all’installazione di impianti di rinnovabili senza tuttavia poterne proibire l’installazione
In copertina, impianto a biomassa da allevamento zootecnico (foto ©Erilon srl)
di Fabio Modesti
«Siccome i parchi naturali ricoprono solo una limitata parte del territorio nazionale o regionale, e quindi sussiste un’abbondante disponibilità di altre aree dove realizzare tali impianti, appare evidente il problema della dubbia coerenza, allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, tra la localizzazione in detti siti» di impianti da biomasse con potenza superiore ai 10 MW termici «e la scelta di preservare i parchi stessi dall’eccesso di contaminazione antropica, che è quella che giustifica la loro costituzione». Così scrive la Corte Costituzionale in un comunicato stampa (con infelice incipit) che ha illustrato la sentenza n. 134 depositata il 28 luglio scorso riguardante una norma della Regione Calabria (contenuta nella legge regionale n. 36 del 2024) con la quale è stata vietata la realizzazione di impianti a biomasse di potenza superiore a 10 MW nei parchi nazionali e regionali del territori calabrese.
In realtà la sentenza dichiara illegittima la norma calabrese perché pone un divieto «anziché disporre che i suddetti parchi costituiscono aree non idonee alla realizzazione di questa tipologia di impianti». Allo stesso tempo la Consulta ha dichiarato incostituzionale anche un’altra norma della medesima legge con la quale si dispone «che entro sei mesi gli impianti eccedenti la suddetta potenza siano tenuti a ridurla a pena di decadenza dalla relativa autorizzazione».
La Consulta ha precisato, nella sentenza, che nel nuovo contesto dei principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», così come integrati, sul piano tecnico, dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con legge regionale possono essere individuate non solo le aree idonee, ma anche quelle inidonee. Resta però fermo che «la inidoneità dell’area, pur se dichiarata con legge regionale, non si può tradurre in un divieto assoluto stabilito a priori, ma equivale a indicare un’area in cui l’installazione dell’impianto può essere egualmente autorizzata ancorché sulla base di una idonea istruttoria e di una motivazione rafforzata». A questo riguardo, tuttavia, la sentenza ha precisato che «se tale regime potrebbe condurre, di per sé, all’autorizzazione di centrali alimentate da biomasse di elevata potenza termica nei parchi naturali», tale eventualità potrebbe presentare criticità rispetto alla «preminente rilevanza accordata […] alla protezione dell’ambiente» dal novellato articolo 9 della Costituzione, che ne consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela e «vincola così, esplicitamente, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa». Tale mandato costituzionale – ha aggiunto la sentenza – «dovrà essere attentamente considerato da tutte le amministrazioni procedenti – ivi compreso il Consiglio dei ministri in sede di decisione sull’opposizione di cui all’art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 – in relazione all’esigenza di tutelare la biodiversità e i delicati ecosistemi che si sviluppano nei parchi nazionali o regionali, ove assentissero in questi luoghi alla realizzazione delle suddette centrali».
Insomma, le aree protette non sono affatto salve dall’installazione di impianti da fonti rinnovabili ma gli impianti a biomasse di taglia superiore a 10 MW sono una specie di figli di un Dio minore rispetto ad eolico e fotovoltaico (anche con la variante agrivoltaico). Infatti per la Consulta «a differenza degli altri impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili – la cui realizzazione e operatività si pone, normalmente, in minore conflitto con la tutela dell’ambiente e il cui sviluppo costituisce un interesse “di cruciale rilievo” proprio “rispetto al vitale obiettivo di tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni” – per i suddetti impianti alimentati da biomasse, pur anch’esse qualificabili nell’ambito delle FER, un tale conflitto è, invece, più facilmente ipotizzabile, quando lo loro realizzazione avvenga in aree, come i parchi, destinate precipuamente a difendere “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi”, cioè i beni cui fa espresso riferimento il novellato articolo 9 della Costituzione».

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